Tuesday, March 4, 2008

Mia nonna, il silenzio, la dogana : un piccolo mondo antico

Jean-Marie Reynier

http://maps.google.it/?ie=UTF8&ll=46.007216,9.09153&spn=0.119946,0.32135&t=h&z=12


C’è un museo, un museo maschile in Ticino, che ogni buon bambino luganese ha visto almeno una volta nella sua infanzia.
Perché parlare d’un museo regionale quando il tema del nostro progetto collettivo è l’auto-organizzazione e le condizioni di lavoro delle minoranze nella produzione culturale? Perché parlare di istituzioni, divise e dogane? Perché scrivere in italiano?

Nella versione ufficiale della storia d’Italia, durante la seconda guerra, c’erano i resistenti uomini, i partigiani, da una parte e le resistenti donne dall’altra: le mondine modenesi per esempio.
Di donne voglio dunque parlare, ma non di eroine mitiche di un qualsiasi movimento politico storico, voglio parlare di dogane e di donne.

Mia madre è sempre stata silenziosa in merito alla sua famiglia, la mia memoria di figlio è dunque quella legata alla storia di mio padre… pescatori marsigliesi, artisti a modo loro.
Dell’altra mia storia ricordo poche cose, la spesa in famiglia il sabato a Porlezza, oltre frontiera, una soffitta a Oria, quel piccolo mondo antico che descrisse Fogazzaro e che fu il nido di Cosetta Bonvicini, mia madre… qualche cugino o zio visto raramente, due nonni morti: l’una prima della mia nascita, l’altro mai esistito. Non ho mai avuto realmente una storia di famiglia, una parte paterna distante mille chilometri, una parte materna distante negli anni.

Uno dei primi ricordi legati al passato di mia madre è una visita, una visita “lacustre” al museo delle dogane, alle cantine di Gandria…
Qualche simbolo maschile: la divisa, il battello, l’ordine, il museo.
Al centro lo specchio: il lago.
Di fronte a tutto ciò qualche simbolo femminile: l’acqua, la madre, il contrabbando.

Arrivati al museo mi ricordo di esser stato colpito da poche cose: vedere d’innanzi a me, oltre il lago (oltre lo specchio), separati del Monte Bre e dal Monte Boglia, la casa dove mia madre nacque in Italia e il paese dove sono cresciuto io in Svizzera, Pregassona…
Essere sul confine con sua madre, dall’altra parte della realtà e della storia, li dove solo un museo può, e deve, stare. Vedere a dieci anni la separazione fisica delle montagne e riconoscere un confine virtuale; il museo dietro di se.

All’interno mi ricordo di aver visto gli oggetti utilizzati dai contrabbandieri per passare la frontiera per lago, strada e montagna. Non mi ricordo le divise ridicole di coloro che devono nascondersi nell’uniformità per proteggere un codardo statuto di Stato-Nazione neutrale… Ho visto dalle finestre del museo mia nonna e le zie di mia madre scendere e salire queste montagne mentre i loro uomini facevano la guerra, accettavano la carta del Partito o semplicemente non esistevano…

Non erano donne politiche con coscienza politica, ma erano donne resistenti: mia nonna, Zaira Bonvicini, mia zia Cleofe Bonvicini, tra mille altre nel mondo e in ogni momento, salivano i monti che separavano l’Italia dalla e la Svizzera (tra mia madre e il mio paese), portavano riso e sigarette nelle loro gonne dall’orlo a doppio fondo… in seguito barattavano e vendevano tutto questo contro dello zucchero e del caffè che riportavano in Italia… queste donne formavano una microsocietà pirata fatta di femmine senza marito presente. Quando mia nonna si faceva arrestare era sempre da doganieri svizzeri, che le confiscavano il riso e la portavano alla “casa d’Italia” a Bellinzona, da dove in seguito veniva presto liberata perché lavorava, serviva ai tavoli, era bella mia nonna, mi hanno detto.

A pochi metri in linea d’aria, come se fossi ancora davanti al museo delle dogane di Gandria quando ero bambino con mia madre, vedo ancora la casa dove è nata lei, figlia di contrabbandiere per forza, donne sorridenti che meriterebbero un porto nella storia; storia che ha ben voluto col tempo accettare Giuseppe “Beppe” Fenoglio ma che mai offrirà un posto a mia nonna, Zaira Bonvicini, o a mia zia Cleofe, o ad altre centinaia di migliaia di donne di frontiera, anche solo al museo delle dogane di Gandria… donne che furono resistenti silenziose, donne cantanti sottovoce… Salendo da Origa, scendendo per l’alpe Bolla o il Bré, il Boglia, i secchi denti della vecchia, per scambiare e vivere di che sopravvivere mentre gli uomini codardi vivevano in divisa: la dogana, la camicia nera, il fucile del partigiano.
Scrivo in italiano… settant’anni dopo.



ENGLISH :

My grandmother, the silence, the customs: a little ancient world

Translate by: Silvia Dos Santos

http://maps.google.it/?ie=UTF8&ll=46.007216,9.09153&spn=0.119946,0.32135&t=h&z=12


There is a museum, a masculine museum in Ticino, which every good child from Lugano has seen at least once during his childhood.

What is the purpose of speaking about a regional museum when the topic of our collective project is self-organization and work conditions of minorities in the cultural production? Why speak about institutions, uniforms and customs? Why write in Italian?

In the official version of Italy’s history, during second world war, there were the resistant men, the partisans, on one side and the resistant women on the other: the mondine (1) from Modena, for example. Of women I therefore want to speak, but not of mythical heroines of whatever historic political movement, I want to talk about customs and women.

My mother has always been silent about her family, my memory as a son is then connected to my father’s history … fishers from Marseilles, artists in a sort of way. From my other history I remember a few things, the Saturdays’ shopping with the family in Porlezza (3), over the border, a loft in Oria, that little ancient world described by Fogazzaro, the nest of Cosetta Bonvicini, my mother … a few cousins or uncles rarely seen, two deceased grand-parents: one before my birth, the other who has never existed. I have never really had a family history, a paternal side one thousand kilometres far away, a maternal side far away in the years.

One of the first souvenirs linked to my mother’s past is a visit, a “lacustrine” visit to the Museo delle Dogane (2) at the Cantine di Gandria (3)…
Some masculine symbols: the uniform, the boat, the order, the museum. In the middle the mirror: the lake.
In front of all that, some feminine symbols: the water, the mother, the contraband.

Arrived at the museum, I remember having been affected by little things: to see in front of me, beyond the lake (beyond the mirror), separated by the Monte Bré (3) and the Monte Boglia (3), the house where my mother was born in Italy and the village where I grew up in Switzerland, Pregassona (3) ….
Being on the border with its mother, on the other side of reality and history, where only a museum can, and must be. Seeing at the age of ten the physical separation of the mountains and recognize a virtual border; the museum behind.

Inside I remember having seen the objects used by the smugglers to cross the border on the lake, the road and the mountain. I don’t remember the ridiculous uniforms of the ones who had to hide in uniformity to protect a cowardly status of a neutral State-Nation…
I saw through the museum’s windows my grandmother and the aunts of my mother going up and down these mountains while their men were at war, accepting the Party card o simply not existing …

They where not political women with a political consciousness, but they were resisting women: my grandmother, Zaira Bonvicini, my aunt Cleofe Bonvicini, among thousands others in the world and at any moment, they would go up the mountains separating Italy from Switzerland (between my mother and my country) taking back rice and cigarettes in their doubled bottom’s hem skirts… then they would go down to Vercelli to exchange and sell all this against sugar and coffee …. These women formed a pirate micro-society made of females with no attending husband. If my grandmother got arrested, it was always by the Swiss customs officers, who would confiscate the rice and take her to the “Casa d’Italia” (4) in Bellinzona, where she would be soon released from, as she worked, serving tables, she was beautiful my grandmother, I was told.

At a few meters as the crow flies, like if I was still in front of the Museo delle Dogane in Gandria when I was a child with my mother, I can see the house where she was born, daughter of a smuggler by force, smiling women meriting a harbour in the history; history finally accepted by Giuseppe “Beppe” Fenoglio but that will never offer a place to my grandmother, Zaira Bonvicini, or to my aunt Cleofe, or to other hundred thousands of border’s women, not even at the Museo delle Dogane of Gandria … women who were silent resistants, low voice singing women…. Coming up from Origa, going down through the Alpe Bolla or the Bré, the Boglia, the dry “Denti della Vecchia” (3), to exchange and live on survive while coward men lived in uniform: the customs, the black shirt, the partisan rifle.

I am writing in Italian … 70 years later.








1) Mondine = women working on rice plantations
2) Museo delle Dogane = Customs museum
3) Places or mountains near Lugano
4) Casa d’Italia = Italy’s House